SE IL PAPA DI SORRENTINO SUPERA “GOMORRA” E MANDA IN SOFFITTA IL DIBATTITO

the-yung-popePaolo Sorrentino non è di quei registi che amano parlarsi addosso. Nelle interviste è sintetico, nelle risposte ironico e a volte reticente (da qui anche l’imitazione del suo modo di porsi fatta da Crozza). Però sul suo lavoro così visionario, così metaforico, dà indicazioni precise, semina indizi certi. Della serie “Young Pope” che tanto sta facendo parlare e per gli ascolti record e per la singolarità del personaggio di Pio XIII interpretato da Jude Law, per esempio, ha tenuto a specificare: non è una “House of Cards” trasportata dalla Casa Bianca al Vaticano. In altre parole, non di soli intrighi e giochi di potere si tratta.
Le prime due puntate sono servite a presentare i personaggi, a sistemare le pedine sullo scacchiere della sceneggiatura, vedremo nelle restanti otto dove andrà a parare il fascinoso Lenny Belardo, il pontefice americano che alle aperture della teologia della liberazione preferisce i riti della Chiesa preconciliare. Certo, lo strepitoso Segretario di Stato di Silvio Orlando, il cardinale Voiello abile tessitore di trame e politico navigato, prefigura sviluppi interessanti, ma le sue mosse e la sua personalità vanno nel segno di un’adesione totale al “genere” narrativo di partenza: siamo dalle parti dell’esercizio del potere assoluto, con qualche variazione di sfumature, e tant’è. Invece il giovane Papa che ancora soffre per la sua infanzia di orfano ma non esita a “uccidere” il padre putativo – un più anziano cardinale, anch’egli americano – nelle ambizioni al soglio, promette spiazzanti sviluppi. L’alto prelato che insegue una sua personale rivoluzione negando lo spirito dei tempi, il Papa che aggredisce la piazza ponendo domande sulla natura dell’uomo e il suo rapporto con Dio, che si nasconde ai fedeli come Salinger ai lettori e Dylan al Nobel, non punta all’empatia né alla consolazione. Non vuole essere “vicino”, vuole essere “contro”.
Staremo a vedere come si svilupperà un personaggio così potente e contraddittorio. Intanto, “The Young Pope” un primo miracolo l’ha già fatto: doppiando quasi il numero di spettatori dell’esordio di “Gomorra” (più 45 per cento), spostando da Scampia al Vaticano il baricentro del’interesse mediatico ha reso in un sol colpo antiche e obsolete le polemiche sulla presunta pericolosità della serie tratta dal libro di Saviano. Dopo mesi di dibattito, non è poco.

Titta Fiore, il Mattino

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