LA MINIERA DI «TECHETECHETÈ» E TUTTI I MERITI DELL’INVENTORE

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(Aldo Grasso, online Corriere) L’estate di Rai1 significa «Techetechetè», pharmacy l’unico programma che meriti di essere seguito. È vero. Il merito è dell’inventore Michele Bovi (che ad agosto andrà in pensione e tornerà a fare il giornalista nella sua amata San Marino), sale ma il merito più grande, come ci ricorda il titolo della trasmissione, è delle Teche Rai, miniera inesauribile. L’edizione di quest’anno, l’abbiamo già scritto, si chiama «Con tutti i sentimenti», uno di quei temi «ombrello» sotto cui è facile raccogliere ogni argomento: un blob con filo conduttore.
Ci sono due cose interessanti che meritano di essere sottolineate. Il materiale a colori è meno interessante di quello in bianco e nero. E non è solo per un effetto dovuto alla nostalgia. È che a partire dagli anni 80, la Rai si smarrisce, inizia a seguire confusamente molti modelli alla ricerca di un’identità perduta per sempre. Le emittenti commerciali incalzano e la tv diventa plurale.
Ma c’è un altro aspetto molto più divertente che a me piace interpretare come una raffinata, perfida vendetta di Michele Bovi. Il suo canto d’addio. Ogni puntata ha infatti un testimonial prestigioso – attori, cantanti, conduttori e giornalisti televisivi, campioni dello sport – che lancia i temi della serata e rivela l’identità dell’ospite d’onore recitando quattro testi scritti da Pasquale Panella.
Ora il momento straordinario è proprio questo. Vedere, che so, Federica Sciarelli, Pippo Franco, Fabrizio Frizzi, Alba Parietti, Claudio Lippi, Lando Buzzanca, Cristiano Malgioglio, Paola Perego, Marco Mazzocchi, mettere in scena i testi di Panella, tentando qualcosa che assomigli alla recitazione. Testi complessi che non capiscono, cui faticano a dare un senso compiuto.
Diventano così, questi faticoni della tv, deliziose marionette mossi da fili invisibili, da un’ingannevole trasparenza della scrittura. Panella è geniale e i suoi fantasmini tv non riescono a uscire indenni da questo sortilegio.

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