Il cast è anche super, ma la saga familiare di Netflix non convince

Troppo lungo per il cinema, troppo corto per la tv. Il difetto del secondo film Netflix in concorso, The Meyerowitz Stories, è nel manico.

Si vuole raccontare, in sei tranches de vie la storia esemplare di una famiglia newyorkese: padre scultore e egocentrico, a cui non arrise la fama, ma un onesto insegnamento, tre figli più o meno infelici, la moglie, una nipote. C’è materia per più di una stagione televisiva, ma se la si deve comprimere in due ore, ci si condanna alla ripetizione. Si metta insieme allora un cast di prim’ordine, Dustin Hoffman, nei panni del patriarca; Emma Thompson, la sua compagna un po’ hippie e molto alcolizzata; Ben Stiller, il figlio minore artisticamente dotato per gli affari; Adam Sanders, il maggiore che ha dissipato il suo talento musicale; sua figlia, che realizza corti cinematografici porno; Elizabeth Nerval, la sorella di mezzo, schiacciata dalla dominante maschile del clan. Si spera così che la professionalità mascheri il frullato concentrato dei troppi monologhi e dei troppi dialoghi, delle ripetizioni, del deja vu famigliare, ebraico e no: si litiga, si recrimina, ci si rappacifica, si ricorda l’infanzia…

I sostenitori del bicchiere mezzo pieno diranno che Noah Baumbach è il miglior allievo di Woody Allen: lo stesso umore abrasivo e malinconico, il medesimo senso del ritmo. Per quelli del bicchiere mezzo vuoto, è solo un allievo senza il talento del maestro: si ride all’inizio, poi si sorride, ma soprattutto ci si annoia. Il tema è super-arato e occorrerebbe un volo di fantasia. Netflix non è il produttore della serie, ne ha solo acquistato i diritti. L’impressione è però che la serie sia stata pensata per un possibile acquirente… Naturalmente la recitazione è scintillante e Dustin Hoffman è in gran forma. «Ci ho messo dei soldi anch’io – dice sorridendo -. Comunque, era dai tempi del Laureato che non mi capitava di rispettare così alla lettera un copione. Quando l’ho letto speravo di poter fare uno dei due figli maschi di Harold Meyerowitz. L’idea di interpretare un vecchio di ottant’anni non mi convinceva. Ne ho solo settantanove…».

Il Giornale

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