LA PORTA ROSSA, LINO GUANCIALE: ‘IL MIO CAGLIOSTRO FEBBRICITANTE’

Il protagonista del noir sovrannaturale di Rai2 racconta la sua esperienza sul set e dice ‘Pagherei per poter tornare a Trieste’

“Sperimentiamo, innoviamo, mescoliamo generi molto diversi fra loro e sfruttiamo al massimo le straordinarie possibilità che ci vengono offerte da una città unica come Trieste”. Lino Guanciale non può che parlare entusiasticamente de La porta rossa, serie rivelazione di Rai2 di cui è protagonista dando volto e spirito al commissario Leonardo Cagliostro. In occasione delle ultime due puntate (in onda mercoledì 22 marzo alle 21.20), l’attore si racconta a TvZap. C’è spazio per disamine sul sovrannaturale in televisione, per i riferimenti letterari che animano il suo personaggio, per la forza narrativa dell’ambientazione triestina.
Come spieghi il successo di una serie come La porta rossa?
La serie ci sta dando grandi soddisfazioni. Rai2, che negli anni è sempre stata patria di produzioni più sperimentali, sta tornando a essere un canale che innova e che rischia, come confermano anche gli ottimi risultati di Rocco Schiavone. Sta dando spazio a crime con una chiave molto originale e personale. Penso che uno dei motivi del successo de La porta rossa risieda nella commistione di generi. In questo modo siamo riusciti a intercettare pubblici veramente diversi. Inoltre penso che sia stato un vantaggio quello di usare volti noti di Rai1 – penso a Gabriella Pession, Antonio Gerardi, Ettore Bassi, Andrea Bosca per fare qualche nome – per avere più seguito.
La porta rossa dà nuova linfa al genere sovrannaturale, storicamente poco frequentato dalla tv italiana. Si è aperta una nuova strada?
In passato si era scoraggiati a proporre opere di questo genere perché a lungo si è pensato che il pubblico italiano non vedesse certi tipi di cose. Fortunatamente, con l’ingresso di competitor nuovi, l’offerta si è arricchita e si è molto differenziata, rendendo possibili produzioni come La porta rossa anche su una rete generalista. La concorrenza fa sempre molto bene in tal senso. Un altro problema era legato ai costi perché, a livello di budget, quando si parla di sovrannaturale si pensa sempre agli effetti speciali. Con La porta rossa siamo riusciti a contenere le spese ottenendo risultati più che dignitosi con propositi ambiziosi.
Uno dei segreti della serie è l’ambientazione a Trieste, città tanto sfuggente quanto misteriosa.
Sono assolutamente d’accordo. Trieste è decisiva per la riuscita di un crime di questo genere. Abbiamo girato per cinque-sei mesi cercando di sfruttare al massimo i colpi d’occhio e i colori di questa città alla quale è impossibile dare una definizione univoca. Trieste è una città colta, meta di intensi scambi culturali e commerciali, una capitale decaduta che però ha sempre avuto la forza di rialzarsi. È una città che vive il mare in maniera molto diversa da tutte le altre grandi città italiane perché ha un rapporto con l’ambiente che ha radici più mitteleuropee che italiche. Per una storia ricca di ambiguità come la nostra doveva esserci una città di questo tipo.
Non a caso Trieste è la città di Italo Svevo, di Umberto Saba, di Claudio Magris. Il tuo commissario Leonardo Cagliostro che legame ha con la letteratura? Nella serie sembra essere molto presente.
La mia formazione da italianista e da attore d’accademia mi ha sempre spinto a cercare riferimenti letterari per la costruzione del personaggio. Studio molto in tal senso. Quando ci sono progetti ambiziosi e complessi come La porta rossa non posso che esultare. Per questa storia, che andava oltre la logica sfociando nell’irrazionale, ho letto molto le opere di Thomas Mann, a partire da “La montagna incantata” e “Doctor Faustus” dove il rapporto coi morti è sempre molto centrale. Inoltre per approfondire psicologicamente il mio Cagliostro, che si trova in una situazione limite, ho trovato molto vicini i protagonisti di Dostoevskij. Quest’ultimi hanno sempre la “febbre”, vivono un estremismo emotivo che ho cercato di riportare nel personaggio che interpreto. Ho amato le occasioni letterarie che una città come Trieste mi ha offerto. Pagherei per ritornare al Caffè San Marco in questo momento a rileggere certi autori triestini.

TV ZAP

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