Amy Adams: «Ragazze, imparate a dire no»

Al Giffoni con marito e figlia, l’attrice Amy Adams ha parlato (anche) di sessismo a Hollywood. E ha spiegato come ha imparato a essere meno «gentile» sui set

Dopo un paio di giorni trascorsi sulla costiera amalfitana, Amy Adams è arrivata al Giffoni Film Festival in compagnia del marito Darren Le Gallo e della figlia. Aviana, 7 anni, biondissima, ha preceduto la mamma e ha fatto tutto il possibile per distrarla e farla ridere.
Il nome, nel caso vi stesse domandando che cosa vi ricorda, viene da Aviano, in provincia di Vicenza. È lì che si trova la base militare dove la Adams è nata 42 anni fa (suo padre era un militare americano). L’attrice di Arrival, solo per citare il suo film più recente (ma dal 16 novembre la rivedremo nel ruolo di Lois Lave, la «fidanzata» di Superman in Justice League) ha parlato degli inizi della carriera e dei suoi obiettivo futuri.

In pillole, sotto, quello che abbiamo raccolto.

WONDER WOMAN
«In questi anni, ho lavorato con fantastici registi, è difficile dire chi sia il mio preferito, anche perché sono molto diversi fra loro. Detto questo, adorerei lavorare con Patty Jenkins la regista che ha appena diretto il film Wonder Woman».

A LETTO CON LA SCENEGGIATURA
«Per decidere se prendere parte a un film, prima di tutto devo sentirmi in sintonia con il personaggio, “sentire la sua voce”, altrimenti non potrei interpretarlo in modo onesto. Ma quando sono abbastanza fortunata trovo anche una storia che comunica un messaggio che condivido, come è successo con Arrival. Lo so, è strano a dirsi, ma le sceneggiature “arrivano nel mio letto”. È lì che preferisco leggere e ed è stato a letto che ho affrontato la sceneggiatura di Arrival, che mi ha profondamente commosso. Col passare del tempo diventa più importante raccontare storie che possono essere utili agli altri».

AVIANO, ITALIA
«Ho chiamato mia figlia Aviana dal nome della città dove sono nata, in Italia. Del vostro Paese mi piace la cultura ma soprattutto la gente: persone che non conosci ti invitano a cena e tu sei così a tuo agio da accettare senza problemi. Allargando il concetto, si potrebbe definire l’Italia come un grande invito».

LA MIGLIORE/PEGGIORE ESPERIENZA DELLA MIA VITA
«Il film che ha rappresentato per me la peggiore esperienza su un set è anche quello che il pubblico ama di più. Quindi non posso dire che se tornassi indietro non lo rifarei. È stato difficile perché sono una mamma e una cosa è mettermi alla prova come attrice, un’altra è trovarmi in una situazione in cui è complicato tornare a casa dopo il lavoro e trovare la forza di essere una brava madre. Ma devo ammettere che è stata un’esperienza utile anche per me: quando un ruolo o un set sono molto stressanti ti costringono a imparare a dare tutto al personaggio ma anche a essere in grado di tornare a casa e avere ancora qualcosa da dare alla tua famiglia. Quel film ha cambiato il mio modo di lavoro in modo radicale. Da quel punto di vista, è stato positivo».

FARE L’ATTRICE? UN SOGNO
«Pensavo che poter diventare attrice fosse un sogno, qualcosa di irrealizzabile. Volevo farlo ma ero timida, non mi sentivo a mio agio con la mia voce. Ho iniziato come ballerina a teatro. Ci è voluto molto tempo per dire a me stessa che recitare era quello che volevo fare davvero. Poi, negli anni, molte volte mi sono chiesta se fosse il caso di lasciar perdere. Ci ho messo parecchio prima di trovare i primi ruoli, i rifiuti mi rendevano insicura e mi continuavo a chiedere se fosse la strada giusta per me. Credo sia importante continuare a farsi la stessa domanda. Perché anche quando agli occhi degli altri sei una persona di successo, potrebbe non essere quello che vuoi, che ti rende felice».

IO, CENERENTOLA
«Ci sono un paio di sceneggiature che ho letto agli inizi della carriera che mi sembravano scritte apposta per me. Quando lessi Come d’incanto (Del 2007, ndr) mi sentii così in sintonia con il personaggio che dissi a quello che sarebbe diventato mio marito: “Non vedo chi altro potrebbe interpretarlo”».

AH, LA CHIMICA!
«Ho deciso di dedicarmi alla danza, alla recitazione quando al liceo mi bocciarono all’esame di chimica. Fino a quel momento avrei voluto diventare un medico, ma mi sono resa conto che non ce l’avrei mai fatta».

NO VUOL DIRE NO
«C’è sessismo a Hollywood? Per esempio, alle donne viene richiesto di più che agli uomini, tipo arrivare in orario? Scherzo. Anzi no, è proprio così. Ma penso che non sia un problema solo di Hollywood ma di tutti gli ambienti di lavoro. Comunque, voglio raccontare un aneddoto: un giorno sul set a me e all’attore col quale dovevo girare venne chiesto di fare qualcosa che non ci era stato richiesto in anticipo. “Dì di no e basta”, mi disse. Gli risposi: “Per te, no è una risposta, per me è l’inizio di una conversazione”. Mi piace rendere le persone felici, cercare di andare loro incontro ma mi sono resa conto che, alla fine, diventa una trappola. Per cui a mia figlia dico sempre di ricordarsi che no è una risposta».

Enrica Brocardo, Vanity Fair

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