Addio al cantautore degli “Zingari felici”, Claudio Lolli

All’inizio della sua carriera capitava di ascoltarlo nelle leggendaria Osteria della Dame a Bologna, prima dei concerti di Francesco Guccini.  Claudio Lolli è stato uno dei cantautori simbolo della scena italiana degli anni 70. Si è spento, a 68 anni, dopo una malattia.

Era nato a Bologna nel 1950 e venne portato alla Emi proprio da Guccini: il suo stile divenne immediatamente riconoscibile, simbolo dell’insoddisfazione più profonda e letteraria della canzone politica post ’68.

l suo primo disco, Aspettando Godot del 1972, era uno dei più evidenti segnali della volontà della discografia di inestire sui portavoce della protesta giovanile più radicale e incupita. Lolli si rivelò subito come un personaggio vero, capace di trasformare in canzoni la malinconia del vivere quotidiano. Così come il successivo Un uomo in crisi, che conteneva anche un brano dedicato ad Antonio Gramsci, Quello lì, e un deciso inno antimilitarista come Morire di leva. Le canzoni erano aspre e gli arrangiamenti ridotti ed essenziali, ma il suo stile e le sue parole erano in sintonia con i tempi: in breve Lolli divenne uno degli autori più trasmessi dalle celebri “radio libere”. Divenne così uno degli esponenti di maggior talento della seconda generazione cantautorale, quella degli anni Settanta immersa in dibattiti ideologici e sociali.

Dopo le aperture strumentali di Canzoni di rabbia del 1975, Lolli si liberò definitivamente dell’etichetta di cantautore triste con un album capolavoro come Ho visto anche degli zingari felici (1976). Un disco che affrontava senza metafore argomenti di attualità come il terrorismo e gli attentati, emarginati e femminismo ma con una ricchezza musicale e lirica difficilmente eguagliabile. Quell’album resta uno dei lavori più riusciti e significativi dell’intera discografia italiana anni 70.

“La musica mi ha salvato la vita dalla banalità”, raccontò in un’intervista, “è uno scopo: cercare di guardare la realtà con occhi diversi e raccontarla”. Gli Zingari raccontavano le ansie di una generazione alle prese con l’utopia della rivoluzione: Lolli impose anche un prezzo “politico” al disco, che venne messo in vendita 3.500 lire.

Dopo il successo dell’album, Lolli decise di lasciare la Emi per approdare all’etichetta indipendente Ultima Spiaggia. Il disco successivo, Disoccupate le strade dai sogni (un libro di testi da lui pubblicato lo scorso giugno portava lo stesso titolo), fu un atto di coraggio musicale, pieno com’era di riferimenti jazz e di arrangiamenti insoliti, ma fu anche un suicidio commerciale. La sua scarsa disponibilità nei confronti della promozione e una fama controversa (veniva accostato all’ala più estremista del movimento del ’77) fecero il resto: per tre anni rimase fuori dal circuito discografico.

Gli anni 80 e 90 furono caratterizzati da una serie di album di buon livello ma non troppo fortunati. Fu nel 2000 con Dalla parte del torto che Lolli ritrovò una dimensione consona al suo talento. Album pubblicati da piccole etichette come La scoperta dell’America del 2009, Lovesongs e il più recente Il grande freddo (uscito nel 2017 grazie a un crowdfunding) lo avevano fatto riscoprire anche al pubblico più giovane, oltre che alla critica: con quel disco aveva conquistato la Targa Tenco per il miglior album dell’anno.

Un riconoscimento forse tardivo per un cantautore “non per tutti”, ma pieno di passione e talento. “Ci siamo conosciuti nel 1976 – ha raccontato sua moglie Marina – ci siamo messi insieme, non ci siamo più lasciati”. Il 1976 fu l’anno che rivelò Claudio Lolli con Ho visto anche degli zingari felici. Quasi un tormentone, per gli anni che seguirono. “Ci siamo sposati – racconta Marina – abbiamo avuto due figli, Tommaso e Federico. Ma la vita artistica, ecco, quella era solo sua. Naturalmente lo seguivo, andavo ai suoi concerti, ma rimaneva la sua vita artistica”. E’ scomparso all’improvviso, “è stato tutto così rapido”. Non era malato, dice Marina. Certo si muoveva con qualche difficoltà, ma era “tutto sotto controllo”. Il giorno di Ferragosto, però,  non si sentiva bene. Oggi ha chiesto che fosse chiamata un’ambulanza, il suo cuore si è fermato nel tragitto verso l’ospedale. “Il suo disco di inediti, Il grande freddo, è di talmente pochi mesi fa – ricorda Marina -. E’ vero, per tanti è rimasto il cantautore degli Zingari felici, ma è assurdo bloccarlo in quella fotografia di così tanti anni fa. E’ stato anche molto altro”.

Andrea Silenzi, Repubblica.it

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