Niccolò Presta, il “golden boy” della tv italiana, si racconta

Intervista al producer, inserito da Forbes tra gli under 30 italiani più influenti d’Italia. Niccolò Presta ha prodotto “Ciao Darwin” e “Nemicamatissima”

A 25 anni Niccolò Presta è già considerato uno dei “golden boy” della televisione italiana. Cresciuto a pane e tv, dopo una gavetta serrata con un tutor d’eccezione – il padre, Lucio Presta, uno degli agenti più importanti – oggi lavora dietro le quinte come produttore e Forbes l’ha inserito tra i producer under 30 più influenti del piccolo schermo in Italia. Per lui si chiude una stagione importante e se ne apre un’altra fatta di nuove sfide e ritorni importanti, come Ciao Darwin, fianco a fianco con Paolo Bonolis. Sogni, nuovi progetti, aspirazioni: ecco cos’ha raccontato a Panorama.it.

Niccolò, che effetto le ha fatto essere inserito nella classifica di Forbes?

Emotivamente mi ha fatto parecchio effetto. Non è falsa modestia ma non so se me lo merito. Certo, lavoro – anzi lavoriamo – molto e abbiamo fatto passi importanti negli ultimi tre anni: è una bella soddisfazione ma anche grande responsabilità.

Di testa invece cosa si è detto?

Ho raggiunto l’obiettivo molto prima di quanto immaginassi. Ho alzato l’asticella e adesso voglio fare di più e meglio.

Sognando in grande, qual è il punto massimo che può toccare l’asticella?

Il Festival di Sanremo. È un obiettivo che voglio assolutamente raggiungere. L’ho vissuto dietro le quinte nelle cinque edizioni che ha seguito Lucio – mio padre – e rivivere quell’emozione è una cosa che sogno spesso.

Al fianco di quale conduttore?

Sarebbe bellissimo con Paolo Bonolis ma per adesso la vedo dura. Come ripete spesso lui, l’Ariston è un contenitore che ha esaurito le risorse per fare spettacolo, perché è uno spazio piccolo. Lui punterebbe su una nuova location, sempre a Sanremo.

Qual è il suo primo ricordo legato alla tv?

Italiani, un programma di Bonolis. Io avevo 9 anni ed ero la mascotte di tutti. C’era molta tensione perché quella trasmissione non andò benissimo: fu in onda poche settimane dopo il crollo delle Torri Gemelle e non era adatto a quel momento storico. Ricordo lo stress, la tensione, la voglia di provare a fare meglio.

Il primo programma cui ha lavorato, invece?

I Dieci comandamenti, con Roberto Benigni. Ero un runner di produzione.

La sua è stata una gavetta di lusso?

Sì, ma Lucio non mi ha regalato nulla. Ho iniziato facendo fotocopie e portando i caffè, poi ho proseguito come segretario di produzione. In America li chiamano “men to do”, uomini che fanno. Per quattro anni ho eseguito alla lettera agli ordini di Lucio. Nel mentre imparavo tutti, da quel genio delle luci di Massimo Pascucci ai segreti della regia di Stefano Vicario e Roberto Cenci.

L’upgrade quand’è avvenuto?

Pochi anni fa. Lucio mi ha detto: “Da adesso di Ciao Darwin te ne occupi tu”.

Perché continua a chiamarlo Lucio e non papà?

Chiamarlo papà sul lavoro non mi piace. È il mio modo per portargli rispetto. Durante l’orario di lavoro è il mio datore di lavoro.

Presta senior è un padre ingombrante o potente?

(ride) Dov’è la differenza? È soprattutto amorevole, il resto sono chiacchiere. La vita privilegiata che ho la devo a lui e a mia madre, che ora non c’è più e che lo ha aiutato moltissimo agli inizi. Si è creato un nome forte ed io lo rispetto perché si è fatto da solo: a differenze mia, perché riconosco di avere la strada spianata. Io cammino sulle sue orme e cerco di non inciampare.

Si sente un privilegiato?

Sono un privilegiato perché ho a che fare con personaggi come Bonolis, Antonella Clerici o quel gigante di Benigni. S’immagini cosa vuol dire lavorare con Paolo: non regala nulla, ma solo osservalo mentre crea la scaletta ti apre un mondo. Ha una marcia in più.

Qual è il più grosso pregiudizio nei tuoi confronti, Niccolò?

Il classico cliché del “figlio di”. In Italia è ancora una colpa e nell’ambito della tv c’è ancora una forte dose di pregiudizio che io però cerco di azzerare lavorando il doppio e impegnandomi più degli altri. Prima ci stavo male, avevo le spalle meno larghe ed ero più insicuro. Oggi il giudizio altrui non m’interessa.

Veniamo alle novità. Cos’ha un ballo in veste di amministratore unico della Arcobaleno Tre?

C’è un bel progetto con Teo Mammucari per un preserale. Non posso dare i dettagli se non che è una sua idea: si è inventato un meccanismo inedito, modulato sulla sua personalità. E al vaglio di Mediaset.

È vero che c’è in campo l’ipotesi di un late show con Ezio Greggio?

Sì, uno show alla Jimmy Kimmel ma cucito su Ezio, che ci lavora da molti anni. La puntata zero è venuta bene ed è piaciuta ai vertici Mediaset. Queste cose richiedono però molto tempo per essere realizzate.

Altri nuovi format?

Ho prodotto una puntata zero e l’idea è stata acquistata: la produrremo questa estate ma sarà la rete a decidere quando mandarlo in onda. Questa estate, invece, andrà in onda un progetto molto interessante di cui non posso ancora parlare.

Nel 2019 tornerà Ciao Darwin.

Per me quel programma è un’idea geniale e questa volta sarà un ritorno un po’ diverso. Io mi occuperò sempre della parte produttiva.

I critici lo considerano un programma trash. Lei?

La trovo un’etichetta assolutamente sbagliata. Paolo si diverte a smontare il politicamente corretto in un contesto di gioco televisivo. Mette in evidenza le contraddizioni e gioca sull’ambivalenza di un’Italia piena di pregiudizi e troppo perbenista.

Ci sarà un Nemicamatissima 2, senza Heather Parisi ma con Lorella Cuccarini e un’altra showgirl?

Non si sa quello che può accadere.

A proposito della Parisi, lei lo ha visto Amici 17?

Certo, non mi sono perso una puntata. Apprezzo molto il lavoro di Maria De Filippi, è la regina della televisione e da lei s’imparano sempre molte cose.

Che valutazione dà della Parisi giudice, spesso protagonista di scontri con Simona Ventura?

È rimasta la solita Heather dolce piuma. Non mi stupisco più ormai: è un format a sé e ingaggiarla è servito, visto che ne stiamo parlando. È estremamente intelligente.

Tra di voi c’è una causa in corso dopo Nemicamatissima.

Esatto, per questo preferisco parlarne nelle sedi opportune.

Voltiamo pagina. Lei ha anche una web agency in cui fa scouting di nuovi talenti. Come vanno le cose su quel fronte?

Io mi occupo dalla parte manageriale, Gianluca Comandini, che è un grande stratega, della parte tecnica. Qualche anno fa abbiamo fatto un esperimento che andò bene: in 5 mesi abbiamo ricevuto oltre 40 mila video. Quel contest lo vinsero i Sansoni, un duo comico con cui lavoriamo da tre anni: penso che un giorno saranno protagonisti in tv o a teatro, perché sono duttili e talentuosi. Nicola Cavallaro invece ha avuto molto successo in Francia, partecipando a The Voice. Il lavoro di scouting prosegue e mi appassiona molto:

Quanto alla vita privata, lei e Lorella Boccia avete appena rimandato il matrimonio causa impegni di lavoro che forse porteranno la sua fidanzata in America.

Non abbiamo fretta e certe occasioni vanno colte. Se i progetti che ha in ballo andranno in porto, troveremo il modo di gestire tutto. La vita è fatta di sacrifici, impegni e gioie: l’importante è trovare l’equilibrio giusto.

Ultima curiosità: anche lei come suo padre detesta il verde?

Purtroppo sì. Mi ha contagiato lui, che a sua volta è stato contagiato da Vincenzo Ratti, il manager con cui ha iniziato a lavorare. Detesto il verde a tal punto che una volta ho chiesto a una sarta di cambiarsi i vestiti.

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