HA LA FIRMA DI SORRENTINO IL PRIMO DEI 12 FILM-SPOT DI CAMPARI

Protagonista del filmato di 7 minuti proposto sul web dal gennaio 2017, è Clive Owen. La donna è una «femme fatale» interpretata da un’attrice francese ancora misteriosa

paolo sorrentinoTutti lo vogliono, tutti lo cercano. È il momento di Paolo Sorrentino: pochi giorni fa ha presentato world wide la serie The Young Pope. E già viene annunciato il progetto – sempre internazionale – Killer in Red.
Per Campari ha girato un minifilm di 7 minuti, prima parte del progetto Red Diaries: in 12 puntate, nel corso del 2017, il giovane regista Ivan Olita racconterà altrettanti nuovi cocktail e i bartender che li hanno realizzati. Un’idea innovativa e a grande diffusione, che troverà il suo spazio nel web e andrà a sostituire il tradizionale calendario, evidentemente considerato ormai un modo un po’ desueto per celebrare l’Anno nuovo. Non più foto quindi, ma piccoli film (piccoli perché brevi) da rilasciare uno al mese, con quello di Sorrentino a fare da «capofila». Campari si ricollega così – seppure con uno spirito nuovo, non pubblicità ma cinema, non tv ma web – a sue celebri campagne degli Anni 80 firmate Federico Fellini e Franco Scepi.
Dai manifesti di Depero agli spot di Fellini, con testimonial importanti come Salma Hayek, Penelope Cruz, Uma Thurman, fino Benicio Del Toro, unico uomo di una lunga lista di celebri attrici, «la tradizione di Campari in campo pubblicitario – dice il regista – è sempre stata alta».
Non nuovo alla pubblicità – ha girato spot per Fiat, D&G, Missoni Profumi, Yamamay –, il suo l’impegno questa volta era diverso, innovativo. «C’era l’intenzione di aprire al mondo del cinema, a partire da un vecchio progetto – il Calendario – che era statico, fotografico».
Girato quest’estate, parte in una villa alle porte di Roma per gli esterni, parte a Cinecittà, dove è stata ricostruita la location principale, il film è ormai quasi pronto: Sorrentino attualmente è al lavoro su postproduzione e doppiaggio. Ma il lancio avverrà solo a gennaio 2017.
La storia – un noir, al centro del quale c’è la ricerca del misterioso cocktail «Killer in Red» – è ambientata prevalentemente in un grande bar affollato dal sapore un po’ retrò: qui si incontrano un uomo misterioso, interpretato dalla star britannica Clive Owen, e una bella donna fascinosa dai lunghi capelli ramati ovviamente tutta di rosso vestita. Interpretata da un’attrice francese, il suo nome è però ancora tenuto segreto. «La classica femme fatale», chiosa Sorrentino.
Molte le cose su cui il regista si mantiene ancora abbottonato. A fatica ammette che ha coinvolto suoi storici collaboratori come Daria D’Antonio per la direzione della fotografia e Lele Marchitelli per le musiche. Racconta che Campari lo ha contattato avendo già un soggetto, un’idea di massima da proporgli. «Un thriller. Un locale con gente che ballava. Mi piace far ballare la gente. L’ho già fatto in passato, ma in altri contesti». E non c’è chi non ricordi la famosa scena sulla terrazza de «La grande bellezza».
Su questo impianto, come sua abitudine, Sorrentino è poi intervenuto. «Non sono attratto dal naturalismo del contesto, preferisco la stilizzazione del racconto». E cosa meglio di un noir per farlo? «È l’essenza stessa del genere che lo prevede, con regole precise da rispettare: il mistero, un’incognita da risolvere, morti inspiegabili, un’indispensabile femme fatale». Da cui partire per elaborare. «Ho messo cose che mi piacciono: personaggi strani, di un certo tipo, il bancone del bar così imponente, un sapore anni 80». Tuttavia: «Non parlate di Sorrentino-touch. Io non so di cosa si tratti».
Anche il protagonista, Clive Owen faceva parte del «pacchetto» Campari. «Una presenza forte, in grado di rivaleggiare per fama, carisma e sex appeal con gli altri testimonial di Campari». Perfetto per essere contrapposto alla misteriosa donna, «presenza indecifrabile e indefinibile».
Tra le ragioni che hanno spinto Sorrentino ad accettare, anche i ricordi d’infanzia. «Una bottiglia di Bitter Campari c’è sempre stata nella casa degli italiani. Chi non ricorda di averla avuto nel mobiletto bar di casa? È un marchio che “va oltre”». E un ammissione scherzosa. «Ero un moderato bevitore di vino, sul set ho scoperto lo spritz. Buonissimo. Colpa loro se verrò spinto all’alcolismo».

Adriana Marmiroli, La Stampa

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