‘Romolo + Giuly’, arriva la serie sulla guerra tra “fighetti” e “coatti”

Fortunato Cerlino è don Alfonso, “cugino nobile di Pietro Savastano”, fra i protagonisti della nuova comedy Fox in onda dal 17 settembre. Lo scontro per la poltrona di sindaco fra Roma Sud e Roma Nord, sullo fondo di un’Italia divisa in fazioni regionali

“Quando ho letto il copione ho detto: sono pazzi, non farò mai una cosa del genere, che c’entra con il mio percorso? Poi, a una seconda lettura, ho capito che quell’impianto era sostenuto da un approccio culturale, da un linguaggio contemporaneo, legato al web e alla tv, al cinema. E’ un prodotto che parla in maniera multilineare, un modo innovativo di fare la commedia italiana“. Da tempo Fortunato Cerlino non è più don Pietro Savastano di Gomorra – La serie, il personaggio che gli ha dato grande popolarità. Ma adesso torna a evocarlo con autoironia in Romolo + Giuly. La guerra mondiale italiana, nuova serie comedy targata Fox in onda dal 17 settembre ogni lunedì alle 21 su Fox (canale 112 di Sky). E’ don Alfonso, un po’ principe un po’ boss, “quarto in successione” in quello che era un tempo il Regno delle due Sicilie, determinato a farsi re e ad assumere la guida di tutto il Sud.Il Sud, il Nord, soprattutto il Centro Italia sono il teatro della serie creata da Giulio Carrieri, Alessandro D’Ambrosi e Michele Bertini Malgarini (che cura anche la regia), già autori del lungometraggio per il web, pluripremiato, dal quale è tratta Romolo + Giuly. Che punta a rinverdire i fasti di Boris con situazioni demenziali, molta ironia, la partecipazione di alcuni personaggi celebri nel ruolo di se stessi, un cast che vede la partecipazione, fra gli altri, di Michela Andreozzi, Massimo Ciavarro, Francesco Pannofino, Giorgio Mastrota, Umberto Smaila.Al centro della storia, l’amore tavagliato fra Romolo (Alessandro D’Ambrosi) e Giuly (Beatrice Arnera), coppia di eredi delle due famiglie romane dei Montacchi e dei Copulati. L’incontro fra i due ragazzi fa riesplodere un antico conflitto fra Roma Nord, opulenta e “fighetta”, e Roma Sud, verace e coatta. Le due famiglie si battono per la poltrona di sindaco di Roma, vacante in attesa delle elezioni. Il resto d’Italia non sta a guardare: Napoli e Milano, rappresentate rispettivamente da don Alfonso (Cerlino) e Giorgio Mastrota (nei panni di se stesso) si coalizzano in una insospettabile alleanza, esasperate dal “bullismo culturale” dei romani che dileggiano i milanesi come dei noiosi stakanovisti avvolti dalla nebbia e i napoletani come mariuoli sommersi da “monnezza” e caos.”Don Alfonso è un ‘cugino’ di Savastano – racconta Cerlino – lo ricorda alla lontana, è più nobile. Del personaggio mi divertiva questo suo innamoramento tardo-borbonico, il progetto politico legato alla bellezza: ascolta musica classica, si circonda di opere d’arte, è un nostalgico di quel mondo che ha prodotto la grande cultura napoletana. Certo, è pure un criminale, un uomo al limite che dimostra come quel mondo di bellezza sia finito in mano alla malavita”. Sempre affiancato da mammà, ha alcune fissazioni come quella per Paolo Sorrentino, che non può sentir nominare perché “non riesce a tollerare il cortocircuito di un napoletano che per fare un film sulla bellezza sceglie Roma, un tormentone per il quale dobbiamo dire grazie a Sorrentino stesso, all’ironia inaspettata con cui spesso si è proposto”. C’è un aspetto d’attualità in Romolo + Giuly, “l’Italia è tornata a dividersi, anche in modo tragico, in settori d’influenza politica – continua Cerlino – è importante raccontarlo con ironia perché quel che sfugge è quanto, nei periodi migiori della nostra storia, la diversità sia stata occasione di ricchezza. Il napoletano ha molto da insegnare al milanese e viceversa, il paese andrebbe molto meglio se in questa canoa tutti remassimo nella stessa direzione. Come i fratelli Abbagnale”.Cerlino, che ha da poco finito di girare la fiction Rai Nero a metà di Marco Pontecorvo, è in questi giorni a Trieste sul set di un’altra produzione Rai, La porta rossa, seconda stagione della serie di successo scritta anche da Carlo Lucarelli e diretta da Carmine Elia. Nel dibattito su cinema e piattaforme streaming, riacceso in questi giorni dai film Netflix alla Mostra di Venezia, dall’uscita in sala e su piattaforma di Sulla mia pelle, vede uno stimolo interessante. “Ormai c’è una riconfigurazione dell’uso del prodotto, sono cambiati gli spettatori, gli strumenti, i mezzi e i ritmi dell’approccio. L’uso della tv e delle piattaforme streaming è molto più vicino al nostro stile di vita, anche dal punto di vista economico. Questo dovrebbe comportare un ripensamento in tutto il settore dell’intrattenimento. Per fortuna – continua l’attore – non c’è più un’enorme differenza fra i prodotti, vedi Gomorra, i sistemi di narrazione si stanno adeguando e forse questo porterà il cinema a fare scelte sempre più di qualità. Il progresso nasconde sempre grandi suggerimenti”.

Alessandra Vitali, repubblica.it

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