Stasera in tv arriva Rosy Abate su Canale 5

Giulia Michelini torna a interpretare la donna boss in «Rosy Abate»: «Il pubblico voleva sapere che fine avesse fatto il mio personaggio». La fiction al via domenica su Canale 5

Giulia Michelini, protagonista della serie

Un personaggio perennemente sospeso tra ascesa e caduta, tra bene e male, tra romanticismo e melodramma: da ragazza di «buona famiglia» cresciuta all’estero lontana dalla violenza mafiosa della sua terra a temutissima Regina di Palermo, quindi un nuovo ribaltamento di prospettiva, da boss a madre in fuga. L’avevano data per morta, ma adesso «risorge» con una nuova identità: Rosy Abate è stata un personaggio centrale in Squadra antimafia, così essenziale da meritare ora una fiction tutta per sé.

Eppure, ben prima che la serie la togliesse di scena (ha finto la propria morte per eliminare ogni traccia della vecchia Rosy), la stessa attrice aveva detto basta a un personaggio che le aveva dato il successo ma poi l’aveva imprigionata in quella stessa popolarità: «Rosy Abate mi ha sempre accompagnato, è stata al mio fianco per una decina di anni. La paura di rimanere ingabbiata in questo ruolo c’è, non ho fatto molto altro in questi anni — riflette Giulia Michelini con un’autocoscienza fin troppo inflessibile —. In tanti mi fermano e mi riconoscono ma non sanno il mio vero nome. Per tutti sono Rosy». La condanna di una doppia identità, famosa e sconosciuta allo stesso tempo: «In effetti mi sento un po’ come il dottor Jekyll e Mr. Hyde».

È la prima volta che la serialità italiana si cimenta con uno spin off, ossia una serie dove diventa centrale un personaggio già presente in un’altra serie. «È una novità, ma anche un rischio. Squadra antimafia era un racconto corale, con tanti fili conduttori, tante linee di racconto. Abbiamo preso un pesce dallo stagno e ora dobbiamo vedere se sa nuotare nel mare». La cattiva, la capo clan, promossa a eroina positiva: dalla Piovra a Gomorra ciclicamente c’è chi pensa che così si idealizza il male fino a renderlo seducente. «Il discorso è monte, il pubblico deve saper discernere tra finzione e realtà. Se no potremmo dire che con Scarface Al Pacino ha idealizzato un boss, che Arancia Meccanica ha esaltato la violenza, che Breaking Bad ha mitizzato uno spacciatore. Un conto è la vita, un altro un fumetto, una fiction o un film». Giulia Michelini aveva detto basta, fine di un’esperienza che le aveva dato tanto, ma anche tolto qualcosa, in termini di opportunità personale. Perché è ritornata sui suoi passi, vittima di una sorta di Sindrome di Stoccolma con un personaggio che è anche un po’ il suo carnefice? «Rosy Abate è stata una figura molto amata, nel bene e nel male. Il pubblico voleva sapere che fine aveva fatto, non voleva che l’epilogo rimanesse in sospeso. Mediaset e Taodue (che produce la serie, ndr) mi hanno convinto a chiudere questo cerchio».

Rosy Abate – La serie torna in 5 puntate da domenica in prima serata su Canale 5. Da dove si riparte? «Dopo 5 anni ritroviamo una Rosy completamente diversa, emotivamente e geograficamente. Vive in una cittadina della costa ligure. La sua è una vita tranquilla, lavora come commessa in un supermercato ed è fidanzata. Conduce una vita semplice come molte persone. Ma dovrà fare i conti con il passato che si ripresenta». Due mafiosi si rivolgono a lei, portatori di una verità che scuote dalle fondamenta la sua nuova vita: suo figlio è ancora vivo e in cambio dell’aiuto di Rosy le diranno dov’è. La serie rispetto alla matrice originale è meno definita dall’azione e più attenta alle psicologie dei personaggi: «Rosy è una donna determinata e fragile, ferma e allo stesso tempo volubile. È insicura emotivamente e questo mina le sue certezze».

Nata a Roma 32 anni fa, Giulia Michelini si sente attrice quanto mai precaria: «Non so nemmeno io quando ho deciso di fare questo mestiere, mi è capitato e non so ancora se è una scelta definitiva». Ha da poco concluso il set del nuovo film di Muccino, A casa tutti bene, la storia di una grande famiglia che si ritrova a festeggiare le nozze d’oro dei nonni a Ischia. Rimarranno tutti bloccati sull’isola a fare i conti con se stessi, con il loro passato e i loro non detti: «È stato il nostro Grande freddo. Gabriele è vulcanico, è un uomo di grande vitalità, solare. Come regista ti lascia andare, ma appena rischi di sbandare ti riporta subito al centro della strada».

Renato Franco, Corriere.it

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