GIANLUCA GRIGNANI: “MI VOLEVANO PATINATO, MA IO NON SONO UNA ROCKSTAR”

Il cantautore ripercorre con Tgcom24 i 20 anni di carriera, che festeggia con “Una strada in mezzo al cielo”, lʼalbum in uscita il 6 maggio in cui duetta con tanti big della musica italiana

grignaniGianluca Grignani festeggia 20 anni di carriera con “Una strada in mezzo al cielo“, il nuovo album in uscita il 6 maggio, in cui compaiono tanti big, da Ligabuea Luca Carboni. Un disco che definisce Rock 2.0, in cui rilegge in chiave semiacustica brani tratti soprattutto da “Destinazione Paradiso” e “La Fabbrica di Plastica” e in cui condensa l’anima di uomo e quella di artista. E a Tgcom24 dice: “Mi volevano patinato, ma non sono una rockstar”. “Rock 2.0 è un modo nuovo di dire le cose. I due numeri danno 20, come gli anni di carriera e il 2 rappresenta le due anime di uomo e artista”. Grignani spiega così il titolo dato al progetto per il suo primo ventennale in musica. Un lavoro che include non solo Una strada in mezzo al cielo, ma anche due concerti-evento, il 1 dicembre all’Alcatraz di Milano, il 3 all’Atlantico Live di Roma. “Partiamo da questo tipo di locali per vedere cosa succede. Non voglio fare il fenomeno. E’ un anno che li sto preparando. Ci saranno tanti ospiti. Sarà la musica a parlare”, dice. Due appuntamenti che saranno anticipati la prossima estate da una serie di live show nei club: “Sono solo io e la mia chitarra acustica, ho bisogno di suonare in giro e stare a contatto con la gente per fargli vedere chi sono veramente”. Un tentativo che Grignani ha cercato di fare anche con il nuovo album pensato nel 2015 in cui duetta con Luciano Ligabue, Carmen Consoli, Elisa, Annalisa, Briga, Luca Carboni, Fabrizio Moro, Max Pezzali e Federico Zampaglione e inserisce un inedito chedà il titolo al disco, per mostrarsi così come è ora e scrollarsi di dosso tutte le etichette che a suo dire il mondo discografico ha voluto appiccicargli all’inizio della carriera, dopo il successo del primo album, “Destinazione Paradiso”. “Le case discografiche volevano un Grignani patinato, che già scalpitava perché non si sentiva bene in quel vestito. A me non me ne fregava un cazzo, questa è la parola giusta, io volevo solo fare musica, arrivare piano piano, imparare, sperimentare. Mi ricordo che chiamai Pino Daniele piangendo: ‘Insegnami come si fa’, gli dissi. Ecco perché non feci il tour, non perché non volevo le ragazzine sotto il palco, ma perché non ero all’altezza di fare concerti adatti alle canzoni che avevo scritto”. “Destinazione Paradiso non me lo fecero produrre. Venne fuori un lavoro poc/rock bellissimo, che io adoro, però ricordo che quando lo ascoltai mi dissi: 3 o 4 canzoni sono belle, ma il resto si poteva far meglio. Non era completamente nelle mie corde”. Proprio per questo e forte delle oltre 3 milioni di copie vendute nel mondo col disco di debutto, per il suo secondo album, Grignani scelse di fare tutto da solo: “La Fabbrica di Plastica è esasperato. Volevo il produttore dei Radiohead, non me lo diedero e lo feci tutto da solo, anche il mix. Ero come un panettiere che si mette a fare il meccanico. Sapevo che stavo facendo una cosa che poteva cancellarmi completamente dalla musica italiana. Però dovevo farlo, perché io volevo un disco così – dice – In Italia nessuno ha fatto un album come quello. Ci sono degli errori, ma ne parlò bene persino Bono Vox”. Poi confessa: “Quando mi ubriacavo ed ero in depressione mi è capitato di essermene pentito. Oggi sono consapevole che ho fatto tutte queste cose perché sono un artista. Ho la maturità necessaria per non fare danni e capire che abbiamo un piccolo potere”. Grignani racconta i suoi 20 anni di carriera come un fiume in piena: “Ho tante cose da dire e le voglio dire”, afferma, confessando di sentirsi finalmente libero di esprimersi, ora che ha tagliato i ponti con il suo staff e il suo ex manager. “Mi ha rovinato la vita, non solo artisticamente, ma è stato anche un mio errore – accusa – Non mi faceva parlare. Sono andato al concertone del primo maggio solo per questo, per dire finalmente che non sono né di destra, né di sinistra , ma sono dalla parte del popolo”. Durante la chiacchierata chiede scusa tante volte e si giustifica: “Non sono una rockstar. Le rockstar non esistono. L’ho capito la prima volta a Sanremo. Ecco perché a volte ho un atteggiamento scostante in tv. Non sono uno showman, però la gente quando mi conosce mi vuole bene. E anche la voce che sono completamente ingestibile… beh mi ha fatto soffrire. Credo di essere un buon professionista. Solo che sul palco sono umorale. Non mi piacciono i concerti precisi, voglio che la gente capisca come mi sento io in quel momento”. Cita episodi, racconta aneddoti e quasi trascura il nuovo album, ma ci tiene ad elogiare Ligabue e Luca Carboni su tutti. “Ligabue mi ha aperto le porte. E’ una presenza importante e un vero professionista. Ho imparato molto da lui, soprattutto dal punto di vista organizzativo. Merita il posto dove è”, dice. Parole al miele anche per il cantautore bolognese: “Ha cantato Falco a metà meglio di me. Ci ha messo un pathos che io non avevo più. Mi ha emozionato. Non lo conosco bene, ma vorrei diventassimo amici”.

TGCOM 24

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