LA RINASCITA DI MEL GIBSON: «HO FATTO ERRORI MA HO GIÀ PAGATO»

Sei nomination all’Oscar per «La battaglia di Hacksaw Ridge», film pacifista diretto dall’attore. Una riscossa dopo anni di delusioni e polemiche

mel gibson«Combattere per salvare le vite altrui è di per se stesso un atto di fede e, perché negarlo?, sei candidature agli Oscar mi hanno gratificato e ringrazio i membri dell’Academy che mi hanno inserito tra i migliori registi in un anno che ha segnato molti punti interessanti per il cinema» dice serenamente Mel Gibson. Dopo gli Oscar per Braveheart nel ‘95 la sua carriera era stata segnata dalla controversa Passione di Cristo, dalla delusione di Apocalypto e da altre polemiche. Ora Gibson vive un nuovo momento d’oro con La battaglia di Hacksaw Ridge, un dramma pacifista: storia di un obiettore di coscienza americano durante la Seconda guerra mondiale.
Lei si rivela appassionato nel parlare delle sue ricerche per rendere ogni dettaglio di quei fatti storici…
«Non ho avuto timore della crudezza di tante sequenze. Dimentichiamo, anche se sono tempi di violenza, l’orrore delle guerre, che spengono tante vite e distruggono le fondamenta della società».
Quali sono state le scene più difficili?
«Vanno cercate nella battaglia nel film, alla quale si contrappone l’idealismo che ha una matrice religiosa, del protagonista Desmond Doss».
A Hollywood si parla di una sua «resurrezione». Dopo anni di polemiche per le sue affermazioni antisemite e le sue lontane dipendenze all’alcol…
«Conta, ripeto, essere stato nominato “regista dell’anno”, essere stato scelto con il mio film per prestigiose manifestazioni come la Mostra del Cinema di Venezia. Il resto non mi interessa. Ho sempre pagato di persona, sempre, i miei errori, la mia irruenza».
La infastidisce, tuttavia, sentir sempre dire che il suo film, costato appena 40 milioni di dollari, rappresenta una rivincita contro ogni accusa o emarginazione da parte di Hollywood nei suoi confronti?
«Non cercavo riscosse. Il concetto di rivalsa mi è estraneo nel privato come nella mia professione: credo ai rapporti di scambio, parità, collaborazione».
Pensa di aver sempre conservato un senso etico nella sua vita?
«La mia passione per il lavoro che reputo sempre collettivo dietro la cinepresa è un punto sempre fermo della mia esistenza. Come l’essere padre e l’essere stato il sesto di undici figli: sono sempre attento ai miei figli. È una gran cosa tenere tra le braccia la mia ultima bimba, e sentire che la tv annuncia le candidature per me regista, per il nostro straordinario interprete. Senza alcun nepotismo voglio sempre qualcuno dei miei figli al mio fianco nel lavoro».
Che cosa l’ha convinta a scritturare Garfield, l’ex Uomo Ragno per questo suo impegno?
«Andrew ha dato tutto il suo impegno fisico, morale, spirituale al protagonista pacifista e con la Bibbia in tasca anche nei momenti più cruenti. Il nostro è stato un incontro totale, come rileggere insieme passi della Bibbia».
Quanto si sente vicino alla personalità del vero Desmond, primo obiettore di coscienza?
«Sono sempre stato affascinato da questo primo americano che ha ricevuto una Medaglia d’Onore per aver servito la sua patria, senza mai sparare un colpo di arma da fuoco. C’è in lui una autentica nobiltà d’animo, e la Bibbia resta sempre anche per me il manuale più utile per affrontare la vita che ci viene concessa».
Qual è l’elemento primario che l’ha totalmente coinvolta nel film?
«La fede contro ogni violenza del protagonista, la sua fedeltà ai propri ideali e anche la bellezza del suo rapporto con la donna sempre amata. Sono stato attento a ogni volto e alla resa anche, diciamo pure spirituale, di qualsiasi interprete. Penso al Capitano così ben reso da Sam Worthington e a Vince Vaughn nei panni del Sergente Howell».
Quanto e come, al di là dei successi da regista, le piace ancora essere un attore?
«Recitare mi interessa e sono contento di averlo fatto al fianco di Sean Penn nel film di Farhad Safinia, The Professor and the Madman del quale sono anche co-produttore. Oggi mi coinvolge anche il grande lavoro che sta facendo la tv».
È vero che anche nel cinema più brutale da lei interpretato o prodotto o diretto cerca l’armonia?
«Sì, è verissimo. Ritengo che La battaglia di Hacksaw Ridge abbia persino nei momenti più crudi i movimenti di una sinfonia. Cerco sempre una certa musicalità nel mio cinema e, malgrado quello che spesso sento dire sul mio conto, anche nella mia vita».

di Giovanna Grassi, Il Corriere della Sera

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