È morta Angela Ricci Lucchi, outsider del nostro cinema: celebri i suoi film ‘profumati’

Protagonista fuori dall’ordinario del cinema e delle arti visive, con il compagno Yervant Gianikian ha realizzato opere innovative e originali. I loro lavori esposti dal Centre Pompidou al Moma di New York.

È morta oggi a Milano, la città dove aveva vissuto e lavorato fino all’ultimo, Angela Ricci Lucchi, una protagonista fuori dall’ordinario del cinema italiano e delle arti visive. Grande talento sperimentale, di notevole cultura e una vivace curiosità intellettuale, Angela Ricci Lucchi, romagnola, classe 1942, aveva realizzato in coppia con il compagno, l’architetto-regista italo-armeno Yervant Gianikian, una serie di opere cinematografiche originalissime, estranee al mainstream del nostro cinema, ma stimolanti e interessanti per una qualsiasi riflessione sulle immagini e la loro ambiguità. A partire dalla fine degli anni Settanta i due artisti iniziano, infatti, una ricerca che li porta su un piano di innovazione linguistica davvero unico, a partire dai ‘film profumati‘ fino al lavoro sulle vecchie pellicole ‘rigenerate’, in un dialogo passato e presente capace di dare continuità e vita a reperti della memoria visiva in una prospettiva totalmente contemporanea.
Angela Ricci Lucchi all’origine era una pittrice e artista visiva. Con Gianikian si era interessata al cinema e da talento straripante quale era, aveva continuato a dipingere, a creare installazioni ma anche a esplorare, appunto, nuove forme per l’immagine in movimento. Il che non ha voluto dire per lei solo sommare interessi, ma concepire progetti unitari e originali, dove pittura, arte e cinema trovavano nuove forme di integrazione. Nella loro incessante ricerca sperimentale, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi iniziano per esempio a lavorare su materiali cinematografici di archivio, sia di cineasti noti che di ‘anonimi’, specie delle avanguardie russe. Grazie a una loro invenzione, la ‘camera analitica‘, i vecchi fotogrammi di quelle pellicole vengono scomposti riproiettati e rifotografati: le nuove immagini rimontate diventano delle potenti testimonianze dei fatti della storia del nostro recente passato, nuovi racconti della memoria di una forza emotiva e ‘politica’ originalissima. Sono titoli come Dal Polo all’Equatore (1987), Su tutte le vette è pace (1999), Inventario Balcanico (2000), Immagini dell’Oriente: Turismo da Vandali (2001), Oh! Uomo (2004), Ghiro Ghiro Tondo (2007) e Pays Barbare (2013). Molto amati all’estero, dalla Francia agli Usa, i loro lavori sono stati presentati nei più importanti musei e fondazioni, da una bellissima retrospettiva al Centre Pompidou nel 2015 al Moma di New York, capiti e seguiti forse più dal mondo dell’arte più che da quello del cinema dove, specie in Italia, sono rimasti colpevolmente due isolati, artisti per ipercinefili.

LaRepubblica

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